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Trainspotting: fermarsi a guardare il treno che passa

Trainspotting è stato il primo film che, in modo esplicito, racconta la tossicodipendenza dal punto di vista di chi la vive. Il focus è su sentimenti, paure, debolezze, angosce trattate con una schiettezza che non può lasciare indifferenti, scatenando a fasi alterne nello spettatore risate, nausea, disgusto, smarrimento, pietà, rabbia, delusione.

Tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh, racconta di cinque ragazzi che si muovono nella realtà moribonda e sudicia di Leith, sobborgo di Edimburgo, martoriata dalla povertà e dal degrado, nella quale i giovani sembrano essere senza ideali e senza ambizioni, disgustati dalla società mediocre di cui il mondo li vorrebbe prigionieri.
Partendo dal disagio psicologico e sociale si arriva ai piccoli reati per comprarsi la droga fino alle conseguenze più gravi, lo spettro dell’HIV.

Alla fine del XX secolo vi fu un’epidemia di eroina, sostanza che venne consumata da un’infinità di giovani con picchi elevati di morti e diffusione di malattie come l’HIV. Trainspotting è il viaggio di Renton, che in un monologo iniziale afferma: Scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos’altro, le ragioni? Non ci sono ragioni, chi ha bisogno di ragioni quando hai l’eroina?”
Da qui parte un viaggio attraverso le diverse fasi dell’eroina, dagli spasmi e i tremori che ti fanno finire nel più lurido water della Scozia, alla sensazione di pace e di orgasmo. Alla voglia di smettere e alla difficoltà di uscire da quella zona di confort.

Trainspotting non è un film che legittima il consumo di droga, è piuttosto la mappa interiore di una generazione intera: l’eroina rappresenta solamente il modo, forse l’unico a loro disposizione, che i ragazzi di Leith hanno trovato per esprimere il loro disgusto per la mediocrità e per la vita preconfezionata, nonché il terrore di non riuscire a trovare il proprio posto nella società. Danny Boyle sottolinea dunque le paure e le delusioni dei ragazzi cresciuti in un’epoca di transizione come quella degli anni ’90, in un mondo sulla soglia della rivoluzione digitale e trasfigurato dalla caduta dell’Unione Sovietica, e che al contempo vuole dimostrare, con una punta di cinismo, come le persone non cambino mai per davvero.

Lo sapevi che:

  • Trainspotting si riferisce all’attività di guardare le locomotive che passano sui binari e di annotare il loro numero di identificazione. La raccolta compulsiva dei numeri non ha nessuna utilità, cioè con questi numeri  non puoi farci niente. E’ una metafora per descrivere ciò che fanno i junkies: trascorrono il tempo ad aspettare di farsi una volta ancora, per poi attendere quella successiva.
  • Negli stessi anni sulle passerelle ebbe molto successo il look heroin chic. Si trattava di modelle magrissime, con le occhiaia, lo sguardo vuoto, il viso scavato, con un’aria generale di trascuratezza. L’immagine iconica fu la campagna di Calvin Klein del 1997 con Kate Moss.
  • Il presidente Bill Clinton nel 1997 condannò il look heroin chic e le varie campagne fotografiche che sostenevano il messaggio che usare l’eroina fosse di moda e sexy.
  • Le feci nel water durante la scena del Peggior Bagno in Scozia erano in realtà cioccolato.

Dubbi e domande:

Anonima, 16 anni
Avevo sospetti che il mio ragazzo si drogasse ma negava sempre…


In questa scena di “Trainspotting” è racchiuso gran parte del senso del film…